Vendemmia 2023: il nostro racconto

Per noi vignaioli, l’inizio della vendemmia è il periodo più atteso dell’anno. Un momento cruciale che abbiamo vissuto, in queste settimane, con frenesia e un pizzico di ansia, tra un Aperivino in cantina e l’altro, tra un anticiclone africano e l’altro. La natura, come sempre, ha dettato le sue regole e ci ha spinto ad anticipare di qualche giorno la tabella di marcia per la raccolta dell’uva. Ve la raccontiamo, allora, la nostra vendemmia di quest’anno, con il conforto delle antiche memorie, mediate dalle parole, e la suggestione delle immagini del presente.
La nostra vendemmia 2023

VENDEMMIA 2023: UN RACCONTO TRA IMMAGINI, PAROLE E ANTICHE MEMORIE

Quando poi Orione e Sirio sono giunti in mezzo al cielo, e Aurora dita di rosa riesce a vedere Arturo, allora, o Perse taglia e raccogli in casa tutti i grappoli d'uva; esponili al sole per dieci giorni e dieci notti; poi, per cinque giorni tienili all'ombra, al sesto infine attingi il dono di Dioniso ricco di letizia, per versarlo nei recipienti". ⁣Esiodo, Le opere e i giorni

È tempo di vinnigni, dicevano i vecchi contadini siciliani.
La vendemmia era speranza, ricchezza e prosperità, il coronamento di tanto sacrificio e duro lavoro.
Nel rigido calendario dettato dalla natura, la raccolta dell’uva era un momento fondamentale, in cui si riponevano le aspettative per il futuro.
Sebbene i tempi siano cambiati, immutate sono le emozioni, l’attesa, l’impegno che accompagnano ogni nostra attività in vigna in vista di questo appuntamento con i grappoli che fanno capolino tra i tralci: sono momenti di fermento, c’è più trambusto e più folla del solito, un’atmosfera sospesa tra la soddisfazione di avere raggiunto questo traguardo, la curiosità per i nuovi vini che nasceranno dalle uve raccolte e la gioia della festa perché ci si ritrova insieme a lavorare.

QUAND’È IL PERIODO DELLA VENDEMMIA?

La vendemmia in Sicilia è la più lunga d’Italia: circa 100 giorni, con inizio a luglio e conclusione a novembre sulle alture dell’Etna. 

La settimana di Ferragosto ha segnato, per la nostra cantina, l’inizio della vendemmia 2023. 

“Pur essendo partiti con qualche giorno di anticipo rispetto alla tabella di marcia, l’annata che si prospetta per noi è assolutamente positiva: nessun calo di produzione, uve splendide, succose e profumate, grappoli corposi e abbondanti. Una vendemmia ricca e di ottima qualità.”

Parole, quelle con cui Sebastiano Gulino descrive la vendemmia 2023 nella nostra cantina, che appaiono in parziale controtendenza rispetto alle prime stime di un’annata particolarmente complessa per la vendemmia siciliana.
I dati sulla vendemmia in Sicilia di quest’anno, infatti, rivelano un’annata con luci e ombre: in alcune aree della regione si registra un calo di produzione vicino al 50-60% rispetto all’anno precedente, causato dalle condizioni climatiche degli ultimi mesi (primavera piovosa, ultima decade di luglio con caldo africano) e dalla presenza di fitopatologie che hanno condizionato il lavoro dei viticoltori. 

Secondo i dati raccolti dall’enologo Giacomo Alberto Manzo, “la produzione regionale, di vino e mosti dovrebbe oscillare tra i 2.288.000 e 2.746.000 di ettolitri, contro i 4.577.000 del 2022 (Fonte Ismea su dati Agea e Organismi pagatori). In sintesi, la quantità delle uve dovrebbe attestarsi, in tutto il territorio regionale tra i 3.050.000 e 3.661.000 quintali circa, contro i 6.102.000 della vendemmia 2022, con una perdita complessiva regionale del 50-60% circa. Per la vendemmia 2023, in Italia, sono previsti 43 milioni di ettolitri, ciò dovuto alla comparsa di fitopatologie ed eventi atmosferici riscontrate nelle diverse regioni dello stivale.”

Nel siracusano, i danni da peronospora riguardano circa il 15-20% della produzione che, insieme al caldo di luglio, hanno messo a dura prova soprattutto la zona dell’avolese, con una perdita quantificabile intorno al 50%. Al contrario, le zone costiere del pachinese hanno registrato un leggero aumento di produzione, con uve di ottima qualità (+10-15% rispetto al 2022).

“A rendere unica la vendemmia siciliana – commenta Mariangela Cambria, presidente di Assovini Sicilia – è la varietà degli areali siciliani. Ogni territorio presenta delle condizioni climatiche e dei suoli unici che si traducono nella straordinaria diversità e varietà della produzione vitivinicola siciliana. Sicuramente la Sicilia dimostra di saper governare, grazie a un’agricoltura e tecniche agronomiche sempre più sostenibili, l’effetto dei cambiamenti climatici puntando sulla qualità e non sulla quantità”. 

 

 

“A rendere unica la vendemmia siciliana – commenta Mariangela Cambria, presidente di Assovini Sicilia – è la varietà degli areali siciliani. Ogni territorio presenta delle condizioni climatiche e dei suoli unici che si traducono nella straordinaria diversità e varietà della produzione vitivinicola siciliana. Sicuramente la Sicilia dimostra di saper governare, grazie a un’agricoltura e tecniche agronomiche sempre più sostenibili, l’effetto dei cambiamenti climatici puntando sulla qualità e non sulla quantità”.

PERCHÉ SI DICE "VENDEMMIA"?

Il termine vendemmia deriva dal latino ed è il risultato della fusione dei termini vinum e demere (levare).
Nell’antica tradizione romana la raccolta dell’uva coincideva con la festa dei Vinalia Rustica, il 19 agosto.
Durante queste celebrazioni, dopo i sacrifici rituali per propiziare l’abbondanza del raccolto, il sacerdote – il Flamen Dialisstaccava il primo grappolo e dava ufficialmente inizio alla vendemmia. A Bacco, la divinità cui si dedicavano tutti i riti della giornata, si offriva la suffimenta, una focaccia di fave e miglio macinato cosparsa di mosto.
Durante le vendemmia si beveva il primo succo di uva: un auspicio per la corretta fermentazione del vino e perché tutte le pratiche di cantina e la conservazione del vino nei recipienti si svolgessero senza particolari intoppi.

COME SI FACEVA LA VENDEMMIA UNA VOLTA?

Nella nostra terra, la raccolta dell’uva era il sostegno di intere famiglie che, intorno alla vendemmia, costruivano la loro fortuna e prosperità per il futuro: era un momento di festa che coinvolgeva tutta la comunità: parenti, vicini, amici partecipavano, comprese le donne che, di solito, erano escluse dalle attività agricole. Si iniziava a vendemmiare a settembre nelle zone marine e a novembre in quelle di montagna.
Nei campi, tra i filari delle vigne, risuonava la voce altisonante del capofila che, con la formula rituale “sia lodatu e ringraziatu lu santissimu e divinissimu Sagramentu!”, a cui tutti rispondevano in coro “sempri sia lodatu!”, dava ufficialmente il via al lavoro.
Mentre tutti erano chini a tagliare i grappoli, esplodeva una genuina allegria che accompagnava quel momento di fatica e, allo stesso tempo, di gioia. Tutto era lecito, durante la vendemmia: canti licenziosi, versi ambigui, frasi allusive e doppio sensi, ingiurie e prese in giro. Non c’erano gerarchie, ci si prendeva in giro a vicenda e tutti stavano al gioco, perché così si teneva alto il morale e si lavorava con affiatamento e buona lena.
In fin dei conti, infatti, “travagghiu di vinnigna ti signa, ti sgrigna, t’alligna e ti spigna” (il lavoro della vendemmia ti ammaestra, ti diletta, ti rinvigorisce e ti leva i debiti).

CHE COSA SI FA DURANTE LA VENDEMMIA?

Come ci insegna la saggezza del passato, la vendemmia è un lavoro di squadra che impegna tutti.
La sveglia è all’alba e ci si ritrova tra i filari al mattino presto, per svolgere il grosso del lavoro nelle ore più fresche della giornata.
Dopo un caffè rigenerante e una ricca colazione, armati di buona volontà e di cesoie da vendemmia, il rituale si ripete: le mani esperte trovano il punto giusto per tagliare, eliminano le foglie superflue e gli acini ormai secchi, convogliano con delicatezza il grappolo intatto nelle cassette colorate già predisposte a raccogliere questo tesoro. Un lavoro rapido, ma certosino, che presuppone manualità ed esperienza.
Quasi a volerci attenere ai precetti degli antichi, che utilizzavano strumenti simili a coltelli e lame a uncino per recidere con precisione il grappolo e non intaccarne l’integrità, nella nostra cantina abbiamo scelto – e continuiamo a farlo – di non avvalerci di mezzi meccanici per la raccolta dell’uva. Il processo meccanico è sicuramente più veloce, ma rischioso: si possono danneggiare i grappoli, avviando accidentalmente la fermentazione che, complici anche le alte temperature, è immediata, e si può compromettere la qualità stessa del vino, che perderebbe una parte significativa degli aromi caratteristici dell’uva.
Con mani esperte e movimenti fluidi, le schiene chine a pulire i tralci per esporre e selezionare i grappoli, i vendemmiatori raccolgono l’uva e la ripongono nelle cassette per il trasporto.
Prima di raggiungere la cantina, però, una parte del nostro Moscato trascorre alcuni giorni su graticci di canne appositamente approntati per accogliere le sue uve, per un ulteriore passitura, come si faceva nell’antichità e come, tra gli altri, prescriveva Esiodo: “quando poi Orione e Sirio sono giunti in mezzo al cielo, e Aurora dita di rosa riesce a vedere Arturo, allora, o Perse taglia e raccogli in casa tutti i grappoli d’uva; esponili al sole per dieci giorni e dieci notti; poi, per cinque giorni tienili all’ombra, al sesto infine attingi il dono di Dioniso ricco di letizia, per versarlo nei recipienti”.

Trasportiamo il resto dell’uva raccolta, convogliata nelle cassette, in cantina, per le fasi successive alla vendemmia.

COSA SI FA DOPO LA VENDEMMIA? LA DIRASPATURA E LA PRESSATURA

L’uva vendemmiata passa nella diraspatrice: i raspi – la parte legnosa dei grappoli – vengono separati dagli acini perché, oltre ai naturali sentori di legno ed erba, sono ricchi di acqua e poveri di zucchero e possono abbassare il grado alcolico del vino. Dopo questa preliminare operazione di “pulizia”, si procede con la pigiatura dell’uva che sarà moderata per le uve bianche e più energica per le uve rosse.
Con la pigiatura, gli acini “scoppiano” e liberano così il loro succo. Passato nei silos, il mosto inizierà la sua fermentazione in cantina.

Un nuovo viaggio è cominciato.

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